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Il Carnevale

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2012 20:07
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Per grandi e piccini, ecco la festa più allegra, più colorata, più mascherata e... più "coriandolata" dell'anno!!!

Riporto qua il topic aperto da Marjnella. L'ho ricopiato io, senza spostarlo, perchè le immagini da lei postate non si vedono più (solo i codici) in quanto si è cancellata dal forum.




Carnevale è da sempre la festa dei bambini, ma coinvolge anche gli adulti. Anzi, si potrebbe dire che è un modo per i grandi di ritornare bambini, allegri e spensierati, approfittando di questi giorni per giustificare l'allegria e le stramberie che raggiungono i livelli massimi nella settimana di chiusura del Carnevale.

Le origini della festa sono religiose, infatti il Carnevale è collegato direttamente alla Pasqua, che cade sempre la domenica dopo il primo plenilunio (luna piena) di primavera.
Dalla Pasqua si sottraggono 6 settimane (di cui 5 sono di Quaresima) e la settimana precedente ad esse è quella in cui si festeggia il Carnevale.
Questa parola deriva forse dal latino medievale "carnem levare", cioè "togliere la carne" dalla dieta, in osservanza al divieto cattolico di mangiare carne durante la Quaresima.

Protagoniste del Carnevale da sempre sono le Maschere classiche più conosciute. Pare che la più antica fra queste sia Arlecchino, originario di Bergamo. Nel secolo XVI da Venezia venne la maschera di Pantalone e da Napoli Pulcinella, seguiti dal Dottor Balanzone di Bologna.
Gli altri famosi personaggi del Carnevale italiano vengono da Torino (Gianduia), da Firenze (Stenterello), da Bergamo ancora (Brighella) e da Venezia il personaggio femminile più famoso che è Colombina.

Anche in molti Paesi del mondo il Carnevale è una festa che viene vissuta senza risparmio di energie.


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Il carnevale di Venezia

Post di Celeste


[img]http://i35.tinypic.com/ivzls4.jpg[/img]

Questa Festa ha a Venezia origini antichissime.
Sembra addirittura che il Carnevale venisse festeggiato già a partire dal X sec.
Durante la Repubblica Serenissima i festeggiamenti duravano praticamente sei settimane, dal ventisei dicembre fino a Martedì Grasso quando le campane annunciavano l'inizio della Quaresima; in questo periodo si faceva baldoria dal mattino alla sera e la Repubblica tollerava tutto.
Tutti indossavano una maschera sotto la quale le differenze sociali venivano temporaneamente abolite.

[img]http://i34.tinypic.com/2v2k61h.jpg[/img]

[img]http://i34.tinypic.com/x25s0z.jpg[/img]

Piazza San Marco e gli altri campi della città diventavano immensi palcoscenici in cui si organizzavano intrattenimenti di ogni tipo.


[img]http://i34.tinypic.com/oj0zyx.jpg[/img]

[img]http://i33.tinypic.com/126bckj.jpg[/img]

La rappresentazione più teatrale e spettacolare era senz'altro "il volo dell'Angelo" diventato ora il “Volo della Colombina”, che consisteva nelle acrobazie di un uomo, legato alla vita con corde, che prima veniva fatto salire, mediante un congegno di carrucole, dal molo alla cella del campanile di San Marco e poi fatto scendere alla loggia di Palazzo Ducale per offrire al Doge, che da lì assisteva allo spettacolo, mazzetti di fiori e componimenti poetici.

[img]http://i34.tinypic.com/2cwk193.jpg[/img]

[img]http://i36.tinypic.com/binpye.jpg[/img]

Il Carnevale venne abolito da Napoleone alla fine del Settecento.
Si riprese ad organizzarlo per riportarlo agli antichi fasti a partire dal 1979. Oggi maschere provenienti da tutto il mondo affollano i campi veneziani, ma soprattutto Piazza San Marco e i suoi caffè; accanto alle maschere tradizionali si mescolano travestimenti bizzarri e fantasiosi, vengono organizzati balli, feste, concerti e spettacoli teatrali.

[img]http://i36.tinypic.com/rclduw.jpg[/img]

[img]http://i37.tinypic.com/33nurh4.jpg[/img]

L'ultimo giorno poi, in ossequio alla tradizione, l'effigie del Carnevale viene bruciata in Piazza San Marco.

[img]http://i36.tinypic.com/llhjd.jpg[/img]

[img]http://i38.tinypic.com/el31qf.jpg[/img]

LE MASCHERE
“Buongiorno Siora Maschera”, lungo le calli, per i canali e nei listoni era questo il saluto: l’identità personale, il sesso, la classe sociale non esistevano più, si entrava a far parte della Grande Illusione del Carnevale in un posto, unico al mondo, dove tutto può accadere, dove ogni scorcio non cessa di incantare.

[img]http://i38.tinypic.com/9qdawn.jpg[/img]

Gli artigiani che fabbricavano maschere erano chiamati maschereri fin dal tempo del Doge Foscari e possedevano un loro statuto datato aprile 1436. Appartenevano alla frangia dei pittori ed erano aiutati nella loro professione dai targheri che imprimevano sopra lo stucco volti dipinti, a volte di ridicola fisionomia, con dovizia di particolari.

La maschera non veniva utilizzata solo durante il periodo di Carnevale ma in molte occasioni durante l’anno. La maschera era permessa il giorno di Santo Stefano che sanciva la data di inizio del Carnevale veneziano e fino alla mezzanotte del Martedì Grasso che concludeva i festeggiamenti per il Carnevale.

La maschere erano permesse durante i quindici giorni dell’Ascensione e alcuni, con particolari deroghe, le utilizzavano fino a metà giugno. Inoltre, durante tutte le manifestazioni più importanti come banchetti ufficiali o feste della Repubblica era consentito l’uso di Tabarro e Bauta.

[img]http://i35.tinypic.com/119cltl.jpg[/img]

La Bauta non era utilizzata soltanto nei giorni di Carnevale ma per i veneziani era un travestimento sfruttato in molte occasioni. La Bauta è composta da un manto nero chiamato tabarro, un tricorno nero che si indossava sul capo al di sopra del tabarro e una maschera bianca chiamata Larva (il nome Larva deriva dal latino Larva che vuol dire “fantasma” o anche “maschera”).

[img]http://i36.tinypic.com/2dl9gsy.jpg[/img]

Le donne indossavano, generalmente, un altro modello di maschera noto quanto la Larva e chiamato Moretta. Era una maschera ovale di velluto nero e veniva utilizzata dalle dame quando si recavano a fare visita alle monache. La moda della Moretta importata dalla Francia si diffuse velocemente a Venezia in quanto è una maschera che dona particolarmete ai lineamenti femminili soprattutto quando viene ornata da veli, velette e cappellini a falde.

[img]http://i35.tinypic.com/2gsms01.jpg[/img]

La Moretta era una maschera muta poiché la si portava tenendo in bocca un bottoncino, all’interno, all’altezza della bocca.

[img]http://i37.tinypic.com/vyp8ja.jpg[/img]

Durante il Carnevale i Veneziani si concedevano trasgressioni di ogni tipo e la Bauta o la Moretta erano utilizzate per mantenere l'anonimato e consentire qualsiasi gioco proibito, sia da parte di uomini che da parte di donne. Anche i preti e le monache approfittavano delle maschere per celarsi e trasgredire compiendo fughe amorose o “multas inhonestas”…

[img]http://i35.tinypic.com/x5upnb.jpg[/img]

Il tabarro era composto da una mantellina che raddoppiava sopra le spalle, poteva essere di panno o di seta secondo le stagioni, bianco o turchino, scarlatto per un'occasione di gala, a volte decorato con fronzoli, frange e fiocco "alla militare". Era molto usato anche dalle donne, scuro d'inverno e bianco d'estate.

[img]http://i37.tinypic.com/x26n82.gif[/img]

Il tabarro era, spesso, utilizzato per nascondere armi proprio per questo vennero emanati molti decreti per impedire alle maschere di utilizzare il mantello per scopi non proprio ortodossi e soprattutto pericolosi. Coloro che venivano colti in flagranza di reato andavano incontro a pene molto pesanti: per gli uomini la pena era di due anni di carcere, il servizio per 18 mesi nelle galere della Repubblica Serenissima, il pagamento di 500 lire alla Cassa del Consiglio dei Dieci.

[img]http://i34.tinypic.com/29m4rvt.jpg[/img]

Le donne, spesso meretrici, che venivano trovate in maschera venivano frustate da Piazza San Marco a Rialto (un bel tratto di strada), poste in berlina tra le due colonne di Piazza San Marco e venivano bandite per quattro anni dal territorio della Repubblica Veneta e anch’esse erano costrette al pagamento di 500 lire alla Cassa del Consiglio dei Dieci.

[img]http://i36.tinypic.com/2qsqyyd.jpg[/img]

L’elenco dei decreti procede di pari passo a quello dello svolgersi, annuale, del Carnevale. Di volta in volta viene aggiunta una proibizione: vietato recarsi in maschera all’interno dei luoghi sacri, vietato mascherarsi in abiti religiosi, vietato ballare in pubblico al di fuori dei giorni stabiliti per la festa del carnevale, vietato portare maschere nelle case da gioco (espediente che, spesso, veniva utilizzato da quanti volevano mantenere l’anonimato o non farsi riconoscere dai creditori).

[img]http://i36.tinypic.com/2ue2z46.jpg[/img]

Ma esisteva anche il rovescio della medaglia: nel 1776 venne emanata una legge per proteggere “l’onore di famiglia” che obbligava le dame a recarsi al teatro con una maschera, ma la maschera era proibita alle fanciulle in attesa di sposarsi.

[img]http://i33.tinypic.com/2wbx2yv.jpg[/img]

I temi del Carnevale dall’anno della sua rinascita, alla fine degli anni Settanta, hanno frequentemente riguardato Il Viaggio, l’incontro di Culture diverse in una sorta di zona franca come può essere considerata la città di Venezia.

[img]http://i34.tinypic.com/2wnybzb.jpg[/img]

[img]http://i33.tinypic.com/axkuwg.jpg[/img]
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Arlecchino

Fra le maschere italiane é certamente la più conosciuta e popolare. E' anche una delle più antiche, perché le sue origini si possono rintracciare nella figura del "diavolo burlone" delle favole medioevali e in seguito nel "buffone" delle compagnie di comici girovaghi alle corti principesche o fra i saltimbanchi e gli acrobati nelle fiere e nei mercati dei sobborghi, sempre affollati di gente in cerca di divertimento. Nativo di Bergamo bassa, parla nel dialetto di quella terra, ma poi lo muterà in quello veneto, più dolce ed aggraziato. Il suo vestito era dapprima tutto bianco, come quello di Pulcinella, suo degno compare. Col tempo a furia di rattoppi con pezzi di stoffa di ogni genere, é diventato quello che oggi tutti conosciamo; un variopinto abito composto da un corto giubbetto e da un paio di pantaloni attillati, entrambi a losanghe e triangoli di tutti i colori. Arlecchino ha un carattere stravagante e scapestrato. Ne combina di tutte, inventa imbrogli e burle a spese dei padroni avidi e taccagni dei quali é a servizio, ma non gliene va bene una. Intendiamoci Arlecchino non é uno stupido; magari è un ingenuo, talvolta forse un po' sciocco, ma ricco di fantasia e immaginazione. In quanto a lavorare nemmeno a parlarne; fra Arlecchino ed il lavoro c'é una profonda incompatibilità. Però fa lavorare la lingua e molto. I suoi lazzi, le sue battute, le sue ingenue spiritosaggini, fanno ridere a crepapelle tutti quanti. Quando poi non sa come cavarsi da un impaccio o a liberarsi da un guaio, Arlecchino diventa un abile maestro nel far funzionare le gambe; capriole, piroette e salti acrobatici. Vivace, scanzonato, pieno di brio e di trovate, Arlecchino è la più simpatica fra tutte le maschere italiane. Ancora oggi, dai palcoscenici dei teatri o nel mezzo di una festa di Carnevale, incanta e diverte il pubblico dei bambini e dei non più bambini


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Pulcinella

Pulcinella è degno compare di Arlecchino e talvolta il suo rivale, specie negli intrighi d'amore. Pulcinella é fra le maschere più popolari e simpatiche ed è il simbolo di Napoli e del suo popolo. Pulcinella impersona lo spirito genuino, fatto di arguzia di spontaneità e di generosità. Appare sulle scene nelle vesti di un servo furbo e poltrone, sempre affamato e alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti. Pulcinella si adatta a fare di tutto oltre al servo; eccolo di volta in volta, fornaio, oste, contadino, mercante, ladruncolo e ciarlatano, che ritto su uno sgabello di legno, in uno spiazzo fra i vicoli di Napoli, cerca di smerciare i suoi intrugli "miracolosi" a quanti gli stanno attorno a naso ritto, richiamati dalla sua voce chioccia e dai suoi larghi gesti delle braccia. Credulone, litigioso, arguto, un po' goffo nel camminare, Pulcinella é in continuo movimento, sempre pronto a tramare qualche imbroglio o a fare dispetti. Ha anche un carattere mattacchione e, quando qualcosa gli va per il verso giusto, esplode in una danza fatta di vivaci e rapidi saltelli, di sberleffi e di smorfie gustosissime a vedersi. Una cosa però che non riesce mai ad imparare é a starsene zitto quando dovrebbe e proprio per questo é rimasta famosa l'espressione "é un segreto di Pulcinella" per dire di qualcosa che tutti sanno. Ma anche questo fa parte del carattere napoletano di Pulcinella: combattere, con spirito allegro e generoso, contro tutte le avversità e le durezze che si presentano nella vita di tutti i giorni.


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Gianduia

Gianduja
Gianduia nacque come burattino per poi trasformarsi nel Settecento nella più importante maschera piemontese. Si narra che vivesse in una casetta assieme alla moglie Giacometta. Da semplice contadino, con il passare del tempo, divenne un gentiluomo allegro, amante del buon vino e della tavola. Si muove con eleganza, agitando il suo caratteristico codino rivolto all'insù, ed ama lo scherzo ed i piaceri della vita. Gianduia ha finezza di cervello e lingua arguta, sono le sue armi che adopera per mettere in burletta i suoi avversari. Gianduia é un tipo pacifico e non cerca la rissa, né ama complicarsi la vita, ma non rinuncia al suo senso di schiettezza che fanno parte del suo carattere piemontese, gentile ma sincero. La sua generosità d'animo e l'innato senso di giustizia lo hanno sempre spinto dalla parte dei deboli e degli oppressi. I torinesi che amano molto la loro maschera tradizionale, hanno dato il nome "gianduiotti" a quegli squisiti cioccolatini dalla forma allungata che sono una delle loro più famose specialità dolciarie. La maschera di Gianduia é ancora oggi molto popolare in tutto il Piemonte, manche se non é molto facile incontrarla sui palcoscenici dei teatri, essa non manca mai nei festosi cortei delle maschere durante il Carnevale.


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Colombina

E' la più conosciuta fra le servette o fantesche; nacque nel Cinquecento e il suo modo di deridere i sospiri degli innamorati fu determinante per la riuscita comica degli spettacoli. Le venne attribuito il nome di Colombina, quando Isabella Franchini, famosa attrice che la interpretò, portò sotto braccio un paniere in cui si intravedevano due colombe. Colombina consegna biglietti segreti ed organizza incontri lontani da occhi indiscreti. Talvolta é bugiarda ma sempre a fin di bene. Colombina é molto vanitosa e un po' civettuola e ci tiene ad avere un aspetto sempre ordinato ed attraente. Colombina non ha peli sulla lingua e con due paroline ben dette, riesce a mettere a posto qualche corteggiatore che non si comporta più che educatamente. Anche il suo eterno fidanzato, Arlecchino, deve stare ben attento, se cerca di fare lo sdolcinato con qualche altra sua collega, come Corallina o Ricciolina, sa lei come farlo rigare dritto. Il suo modo di fare,così vivace e malizioso, nasconde un carattere volitivo ed una naturale furbizia che fanno di Colombina un personaggio simpaticamente sbarazzino, molto amato dal pubblico.


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Scaramuccia

La maschera di Scaramuccia ottenne grande successo nel Seicento come spalla del Capitano. Vanitoso, donnaiolo, adottava un linguaggio volgare. Come accadde a molti altri personaggi della Commedia dell'Arte, con il passare del tempo ammorbidì i tratti del carattere e sostituì il Capitano. Suo grande interprete fu il napoletano Tiberio Fiorilli. L'attore aveva un viso piccolo e schiacciato, con occhi strabici ed una bocca enorme. Sul palcoscenico si muoveva con salti ed acrobazie, recitando soprattutto per l'espressività del volto. Ebbe un grande successo a Parigi dove trasformò il nome della maschera in "Scaramouche". Sostituì i larghi pantaloni con quelli alla zuava, indossò una calzamaglia e si tolse la maschera. Nella commedia cerca sempre di conquistare le donne fingendosi ricchissimo e suonando dolci serenate con la chitarra o il mandolino.


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Stenterello

Stenterello, nonostante dica spesso cattiverie, con l'astuzia riesce a diventare tenero e simpatico. Un vero " acrobata" della frase. Servo, marito tradito, organizzatore di intrighi... si adatta alla commedia e all'ambiente in cui si esibisce. Ha un fisico magro e allampanato come di una persona che vive a fatica, quasi di stenti. Ideatore della maschera fu il fiorentino Luigi del Buono che, recitando a Napoli, rimase colpito dal personaggio di Pulcinella e volle crearne uno equivalente in Toscana. Stenterello vive anche nelle rappresentazioni di burattini.


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Balanzone

Ma chi é questo personaggio dalla grossa pancia e dalla voce acuta che si agita e declama così le sue qualità? E' Balanzone, anzi il Dottor Balanzone, che al suo titolo dottorale ci tiene! Nativo di Bologna, dove ha compiuto gli studi universitari, quando si lascia andare ad una delle sue verbose tiritere, usa il dialetto bolognese, infarcito di citazioni in lingua antica e in latino maccheronico. Vestito di nero, porta la toga dei professori dello Studio di Bologna. Quando parla i suoi gesti sono autorevoli ed eloquenti. Prodigo di consigli non richiesti e di insegnamenti inutili, gli basta un minimo appiglio per lanciarsi in uno sproloquio senza fine, infilando una parola dietro l'altra, un riferimento dopo l'altro, senza capo né coda. Il suo é un linguaggio prolisso dei letterati e dei dotti del suo tempo, ma storpia le parole, senza alcun ordine logico. Sempre pronto a salire in cattedra, si vanta di conoscere tutte le scienze umane: legge, medicina, astrologia, filosofia. Di esse parla in modo noioso, mescolandole in una inestricabile confusione. Fra le maschere sue compagne, gode di molta stima e spesso si rivolgono a lui per un parere medico o per ricette. E lui non nega mai nulla a nessuno e così parla, parla. In fondo questo Dottor Balanzone,grosso e corpulento é un personaggio amabile.



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Rugantino

Il romanissimo Rugantino è, come i capitani, fanfarone e contaballe, ma, al contrario di quelli, rischia davvero e paga di persona. Rappresenta il "bullo romano", disposto a prenderne fino a restare tramortito pur di avere l'ultima parola. " Meglio perde n'amico che na buona risposta" é una delle sue frasi preferite. Quando appariva sulla scena, Rugantino era vestito da sbirro; indossava pantaloni, gilet e giacca rossi, calzava scarpe con grandi fibbie e portava un cappello a due punte. Il suo nome deriva senza dubbio da " rugare" cioé brontolare, borbottare, come una pentola d'acqua che ribolle. Quando finisce a botte, Rugantino non si scompone, ma testardo come sempre: "Me ne ha date, ma quante gliene ho dette!" esclama.


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Giangurgolo

Il nome di Giangurgolo, a chi lo sa decifrare, dice quale sia la sua caratteristica principale, quella che lo ha reso famoso e che lo distingue dalle altre maschere; la fame, l'ingordigia, l'avidità insaziabile di cibo che l'accompagna costantemente. Naturalmente é disposto a tutto pur di arraffare qualcosa con cui saziarsi, anche a costo di rubare, se gli capita l'occasione di non essere scorto da nessuno. Poi é pronto a giurare di non aver visto o sentito niente, perché Giangurgolo oltre che bugiardo si rifiuta di affrontare qualsiasi responsabilità: tanta la fame, ma tantissima la paura. Un'altra caratteristica di questa maschera calabrese è quella del suo aspetto che certo non lo aiuta per niente e non può essere definito certo un bell'uomo. Piantato in mezzo ha un grosso naso deforme, la sua voce é stridula ed il suo modo di camminare é rigido e sgraziato. La simpatica maschera calabrese ha lasciato ormai da tempo i palcoscenici e la si può ritrovare solamente in qualche spettacolo dialettale di burattini.


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Tartaglia

Non ci vuole molto ad indovinare chi sia questa maschera: é Tartaglia, il corpulento e goffo personaggio napoletano, afflitto da un fastidioso e comico difetto di pronuncia :la balbuzie. Tutte le volte che Tartaglia inizia a parlare, balbetta, incespica nelle parole, ripetendone meccanicamente la sillaba iniziale un bel numero di volte. Il risultato é che non riesce a farsi capire ed il primo ad arrabbiarsi è proprio lui. Se la piglia con tutti e di più con se stesso. Allora sì che balbetta! Inoltre storpia le parole e le frasi continuamente e ne deforma il significato in maniera ridicola, lasciando interdetto o rendendo furioso chi lo ascolta. Ha anche altri difetti; é molto miope e porta sul naso un enorme paio di occhiali che gli danno un'aria solenne da professore. E' anche un po' sordo e non c'é da meravigliarsi se, talvolta parlando con qualcuno risponda fischi per fiaschi. Nata verso la metà dei Seicento, la maschera di Tartaglia é di origine napoletana e la si ritrova molto spesso nelle commedie dell'epoca accanto a quelle di Pulcinella e di Colombina. Tartaglia rappresenta un uomo di mezza età senza però un suo ruolo fisso; di volta in volta é giudice, notaio, farmacista, avvocato, consigliere di corte, ma anche domestico, sbirro o semplicemente genitore di qualche giovane maschera della commedia. Una delle sue più grosse debolezze è quella di corteggiare tutte le donne che incontra e, visto che ha il cuore tenero se ne innamora facilmente. Il personaggio di Tartaglia, seppur con nomi diversi, si é diffuso anche all'estero ed é giunto fino ai nostri giorni per divertire il pubblico di ogni età.


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Beppe Nappa

Con la sua innocenza disarmante ricorda la maschera di Pierrot, ma in lui non esiste malinconia. Beppe Nappa rappresenta un siciliano fannullone, intorpidito da un sonno perenne che lo costringe a sbadigliare continuamente. "Nappa" in dialetto significa un uomo buono a nulla. E' il pigro servitore di un padrone che può essere un commerciante, un innamorato, o un vecchio barone. In realtà non svolge il suo lavoro in modo efficiente, anzi passa dal sonno,alla ricerca di cibo,aiutato da un fiuto infallibile, per tornare poi al suo mondo di sogni.


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Meneghino

Meneghino è una maschera lombarda che nasce nel Seicento dalla fantasia del commediografo Carlo Maria Maggi. Impersona un servitore rozzo ma di buon senso che, desideroso di mantenere la sua libertà, non fugge quando deve schierarsi al fianco del suo popolo. E' abile nel deridere i difetti degli aristocratici. " Domenighin" era il soprannome del servo, che la domenica accompagnava le nobildonne milanesi a messa o a passeggio. Durante l'insurrezione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848 fu scelto dai milanesi per le sue virtù come simbolo di eroismo. Meneghino é la tipica maschera dei milanesi e come loro è generoso, sbrigativo e non sa mai stare senza far nulla. Non é a caso che i milanesi vengano spesso chiamati i "meneghini". Ama la buona tavola e davanti ad una fetta di panettone possono anche salirgli le lacrime agli occhi, non solo perché ne é molto goloso, ma perchè gli ricorda la sua Milano e il " so Domm" di cui non smette mai di vantarsi. Vestito di una lunga giacca marrone, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, cappello a forma di tricorno sopra una parrucca con un codino stretto da un nastro, ancora oggi, assieme alla moglie Checca, trionfa nei carnevali milanesi.


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